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La prima a mettere l’accento sul tema è stata l’Università del Minnesota. Che testimonia come il Bel Paese sia leader globale della convivialità, con il 74% dei partecipanti allo studio che ogni settimana consuma in famiglia almeno sei pasti, contro una percentuale di cittadini USA – il 10% - che mangia sempre e regolarmente in assoluta solitudine. 
Oltretutto per ogni italiano che si rispetti, o quasi, il pranzo della domenica è un must irrinunciabile: l’80% dei nostri connazionali lo considera il momento-clou della convivialità, anche se tallonato da vicino dalle cene del fine settimana. E contrariamente a quanto potrebbe sembrare, a pranzi e cene condivisi il cellulare non è ospite gradito, anzi: solo il 20% degli Italiani pubblicano le foto dei piatti sui social network (alla pari con gli americani), mentre il 40% - e qui non andiamo affatto bene – è solito mangiare con la televisione accesa.

Fin qui la ricerca dell’Università del Minnesota, apparsa sulla rivista Family, System and Health e mirata a esaminare il livello di convivialità in Italia, Germania e Stati Uniti proprio nei giorni in cui, a livello molto più divulgativo, il New York Times ha dedicato un lungo articolo al pranzo domenicale condiviso come simbolo di perfetta italianità. 
Quanto alla ricerca italiana, a svolgerla sono stati la Nutrizionista dell’Università di Bari e divulgatrice scientifica Elisabetta Bernardi, e Francesco Visioli, Professore Associato di Nutrizione Umana al Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova. E i risultati dello studio, pubblicato su Nutrition research, sono univoci: la condivisione del pasto riduce il rischio di depressione, ansia e altre condizioni di salute mentale e fisica come malattie cardiache, ictus, diabete.
A tavola in Italia, Usa e Germania: lo studio dell’Università del Minnesota
Entriamo nel dettaglio: realizzato in collaborazione con il Gruppo Barilla, lo studio dell’Università del Minnesota rivela che chi mangia più spesso in compagnia dichiara di essere meno stressato - specie tedeschi e italiani – e, a fine pasto, di avere un umore migliore per il resto della giornata, soprattutto americani e tedeschi. Inoltre, sono state evidenziate correlazioni significative tra la frequenza dei pasti condivisi e il rafforzamento dei legami sociali in tutti e tre i Paesi analizzati. Un’altra notizia positiva è che la convivialità è un fenomeno globale, pur con qualche differenza: il 50% degli intervistati dice infatti di consumare sei o più pasti a settimana in famiglia o con gli amici, con punte del 74% in Italia. Al capo opposto della situazione, gli USA: un americano su 10 mangia sempre solo, e 3 americani su 10 mangiano in famiglia o con amici al massimo 2 volte a settimana. E a differenza di quanto ci si potrebbe aspettare, gli italiani a tavola parlano di attualità (69%) più che di cibo (51%), che resta però, nella media di tutti e tre i Paesi (e specie negli USA) l’argomento preferito. A seguire, le famiglie italiane discutono dell’organizzazione settimanale (49%) o di lavoro (43,5%). E siamo anche – ah, il pettegolezzo! - quelli che più di tutti parlano di fatti che riguardano la vita degli altri.
Mangiare insieme aggiunge anni e felicità
Argomenti di conversazione a parte, condividere un pasto fa anche bene alla salute: nella seconda ricerca - la scientific review italiana realizzata da Elisabetta Bernardi e Francesco Visioli - convivialità e malattie cronico-degenerative appaiono inversamente proporzionali, maggiore benessere psicologico e longevità direttamente proporzionali, mentre l’analisi delle risposte infiammatorie, dei livelli di pressione sanguigna, della frequenza cardiaca e dei livelli di cortisolo evidenziano una relazione diretta tra felicità, salute e longevità, anche se i meccanismi che regolano una tale relazione non siano ancora del tutto chiari. Secondo Francesco Visioli “Il modello alimentare mediterraneo, che si fonda proprio sul valore della convivialità, fa bene e lo provano numerosi studi: tra i più recenti, un’indagine condotta sulla popolazione spagnola che ha dimostrato una correlazione tra dieta mediterranea, condivisione dei pasti e minore insorgenza di malattie cardiovascolari. Il contesto sociale esercita dunque una profonda influenza sul comportamento alimentare: quando le persone condividono il pasto, danno priorità alla salute e al benessere, prediligendo una sana alimentazione e aumentando il consumo di frutta e ortaggi”
Inoltre, stando allo studio, i nuclei familiari che consumano insieme i pasti tendono ad avere una dieta più sana e i loro membri sono in sovrappeso od obesi con minore frequenza. In particolare, i bambini cresciuti con genitori abituati al consumo di frutta e ortaggi saranno più propensi a integrare questi alimenti nella propria dieta quotidiana. Non solo: i due studiosi hanno osservato che i bambini abituati a consumare i pasti in famiglia hanno un rischio minore di obesità, migliori risultati scolastici, e sono meno stressati o ansiosi.
Stando allo studio la convivialità sarebbe dunque alla base del benessere individuale e collettivo. “Queste evidenze ci ricordano l’importanza di trovare il tempo per i pasti in comune. Non serve rimpiangere modelli conviviali che fanno parte di un passato lontano – commenta Elisabetta Bernardi - Che si tratti di un piacevole brunch nel fine settimana o di una cena veloce, i benefici del riunirsi intorno a un tavolo ci sono, e sono innegabili. Favorendo i legami e promuovendo emozioni positive, i pasti condivisi, in particolare se ispirati alla dieta mediterranea, hanno il potenziale per migliorare la qualità della vita degli individui e rafforzare i legami all'interno delle comunità. Infine, i ricordi positivi di precedenti interazioni sociali con parenti o amici stretti influiscono sulla decisione di perseguire ulteriori legami con queste persone.

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