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Che piacciano e vadano di moda è sotto gli occhi di tutti. E ora che la stagione calda si avvicina, è frequente incontrare anche insospettabili – per aspetto, professione o età – che da vicino ricordano il foglio di prova di una stampante. I tatuaggi sono trendy, e poco importa se la nostra civiltà ha ben poco a che spartire con le isole del Pacifico da cui il termine proviene (“tatau” indica la decorazione corporale con inchiostri in lingua samoana, con un termine poi mediato dall’inglese in “tatoo”). Ma sono anche parecchio pericolosi. Ad affermarlo è un articolo pubblicato sulla rivista EClinical Medicine da un team di studiosi dell’Università di Lund, Svezia - Christel Nielsen, Mats Jerkeman e Anna Saxne Jöud - che hanno raccolto le loro osservazioni in un articolo dal titolo chiaro quanto eloquente: Tattoos as a risk factor for malignant lymphoma: a population-based case–control study.
“La popolarità dei tatuaggi è aumentata notevolmente negli ultimi decenni. L'inchiostro dei tatuaggi contiene spesso sostanze chimiche cancerogene, ad esempio ammine aromatiche primarie, idrocarburi policiclici aromatici e metalli – si legge nello studio - Il processo di tatuaggio provoca una risposta immunologica che causa la traslocazione dell'inchiostro del tatuaggio dal sito di iniezione. La deposizione del pigmento del tatuaggio nei linfonodi è stata confermata, ma gli effetti a lungo termine sulla salute rimangono inesplorati. Abbiamo utilizzato i registri delle autorità nazionali svedesi con una copertura completa della popolazione per studiare l'associazione tra l'esposizione ai tatuaggi e il linfoma maligno complessivo e i sottotipi di linfoma”.
Quanto ai risultati, eccoli: “La popolazione dello studio era composta da 11.905 persone e il tasso di risposta è stato del 54% tra i casi (1398) e del 47% tra i controlli (4193). La prevalenza dei tatuaggi è stata del 21% tra i casi e del 18% tra i controlli. I soggetti tatuati presentavano un rischio più elevato di linfoma complessivo (IRR = 1,21; 95% CI 0,99-1,48). Il rischio di linfoma era più alto nei soggetti con meno di due anni tra il primo tatuaggio e l'anno indice (IRR = 1,81; 95% CI 1,03-3,20). Il rischio è diminuito con una durata di esposizione intermedia (da tre a dieci anni), ma è aumentato di nuovo nei soggetti che hanno ricevuto il primo tatuaggio ≥11 anni prima dell'anno indice (IRR = 1,19; 95% CI 0,94-1,50). Non abbiamo trovato alcuna evidenza di un aumento del rischio con una maggiore area di superficie corporea totale tatuata. Il rischio associato all'esposizione al tatuaggio sembrava essere più elevato per il linfoma diffuso a grandi cellule B (IRR 1,30; 95% CI 0,99-1,71) e il linfoma follicolare (IRR 1,29; 95% CI 0,92-1,82)”.
Indipendentemente dalle dimensioni dell’area epidermica interessata, dunque, il tatuaggio sembra provocare grossi danni al sistema linfatico, e la causa è chiaramente identificata negli inchiostri sintetici di sintesi utilizzati, che troppo spesso contengono sostanze nocive.
La metodologia adottata è stata relativamente semplice: identificate le persone con diagnosi di linfoma tramite i registri della popolazione, quindi abbinarle a un gruppo di controllo dello stesso sesso ed età, ma composto di persone sane. E a tutti è stato somministrato un questionario sullo stile di vita per determinare se fossero tatuati o meno. L’indagine ha coinvolto 11.905 persone, di cui 2.938 malate di linfoma quando avevano tra i 20 ei 60 anni. Nel gruppo con linfoma, il 21% era tatuato (289 individui), mentre il 18% era tatuato nel gruppo di controllo senza diagnosi di linfoma (735 individui). Presi in considerazione anche altri fattori come il fumo e l’età, si è scoperto che il rischio di sviluppare un linfoma era più alto del 21% tra coloro che si erano tatuati.
E se sorprende l’irrilevanza delle dimensioni del tatuaggio ai fini dello sviluppo della malattia, il meccanismo è invece ben chiaro: quando l’inchiostro viene iniettato nella pelle, per il corpo è qualcosa di estraneo, quindi il sistema immunitario si attiva. A quel punto le sostanze estranee vengono trasportate lontano dall’epidermide, depositandosi nei linfonodi e causando – fortunatamente non sempre - lo sviluppo della malattia.

 

Alessandra Rozzi
Redazione Respiro.News

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